La violenza maschile contro le donne è il mio principale campo di attività: opero incontrando uomini autori e donne vittime di violenza.
Ascolto da anni uomini maltrattanti, dai 20 agli 80 anni, acculturati o senza studi, operai, medici, poliziotti, militari di carriera, imprenditori, professori, dirigenti d`azienda, impiegati, artigiani, commercianti, professionisti. Potrei continuare perché davvero c`è tutta la società. Nonostante le differenze di censo o di cultura questi uomini sono accomunati da quello che dicono quando arrivano: “io non sono un uomo violento, la colpa è di mia moglie che mi provoca” e da quello che provano: rancore per la presunta esagerazione della reazione (denuncia per maltrattamenti) e per la falsità della compagna, minimizzazione della violenza perpetrata, convinzione della colpa esclusiva della moglie, della fidanzata, della compagna che li ha provocati.
Durante il percorso li aiuto a “ripercorrere insieme a me” le situazioni di violenza accadute e lentamente, nella maggior parte dei casi, riescono a rivedere sotto una nuova luce i fatti, ad assumersi la propria responsabilità, a desiderare di “cambiare” per recuperare, quando possibile, la relazione con la moglie ed i figli e diventare uomini migliori.
Il lavoro consiste nell`aiutarli a vedere quanto accaduto alla luce di quanto hanno detto e fatto. Nei primissimi incontri le parole patriarcato, maschilismo, sessismo e stereotipi culturali per molti di loro non hanno significato o comunque ritengono non li riguardi. Purtroppo l`aspetto culturale è quasi sempre il denominatore comune della violenza maschile contro le donne. Anche se la violenza è insita nell`essere umano, il compito della società è quello di non rassegnarsi e di porvi rimedio.
Nel mio lavoro constato che quando un uomo ha il coraggio di guardarsi dentro senza ipocrisia ne autogiustificazione, verificando quanti stereotipi culturali confondono la sua valutazione della relazione con la propria compagna, riesce a cambiare, a percorrere la strada che da maschilista lo porta a diventare un vero uomo. La violenza non ha alcuna giustificazione e ognuno è responsabile delle proprie azioni.
La trasformazione di una relazione da violenta in una sostenuta dal rispetto reciproco, dalla pari dignità, dalla solidarietà, dalla complicità, dalla dolcezza, rappresenta per me una gratificazione umana prima ancora che professionale.